Introduzione
Il tema dell’inquinamento ambientale è all’ordine del giorno. Il pianeta soffre sempre di più per l’enorme quantità di plastica prodotta, per l’impossibilità di smaltire sostane tossiche e nocive, per l’aumentare del disboscamento e dei livelli di CO2. I cambiamenti climatici e i disastri ambientali rappresentano una drammatica risposta del pianeta alle continue angherie cui quotidianamente viene sottoposto. Ma purtroppo a rispondere non è solo il pianeta, anche il corpo umano accusa l’aumentare dell’inquinamento atmosferico e ne risente pesantemente in modi diversi. Infatti, al di là delle patologie polmonari e respiratorie, uno studio recente ha dimostrato che l’aumentare dell’inquinamento potrebbe essere annoverato anche tra le cause dei crescenti casi di infertilità maschile e femminile registrati in diverse aree del pianeta.
Già da tempo, infatti, si conosce l’effetto nocivo di sostanze chimiche reperibili nella catena alimentare e nell’industria cosmetica definite come interferenti endocrini. Si tratta di sostanze in grado di interferire nella sintesi, secrezione, trasporto ed eliminazione degli ormoni naturali maschili e femminili, che, dunque, possono mettere a serio rischio la fertilità
La Ricerca
Un’importante ricerca, dal titolo: Phthalates and Bisphenol A: Presence in Blood Serum and Follicular Fluid of Italian Women Undergoing Assisted Reproduction Techniques, eseguita da diversi biologi-embriologi operanti in centri di PMA di tutta Italia, tra cui il centro PMA (procreazione medicalmente assistita) del Sant’ Anna di Roma, è stata recentemente pubblicata su MDPI Journal.
La ricerca è stata focalizzata sull’individuazione in pazienti in procinto di effettuare un trattamento di PMA di due sostanze nocive per l’organismo: il BISFENOLO (idrocarburo policiclico) e i FTALATI. Si tratta di sostanze classificate come interferenti endocrini che vengono utilizzate nella produzione di materie plastiche adoperate nell’industria cosmetica e in quella alimentare per la realizzazione di contenitori per cibi; bottiglie di acqua minerale; buste per surgelati.
Lo studio ha preso in esame i livelli di questi elementi nel sangue e nel fluido follicolare di donne che stavano per eseguire un prelievo ovocitario per realizzare la tecnica di fecondazione in vitro. Tutte le pazienti che hanno preso parte allo studio hanno risposto a dei questionari inerenti alle loro abitudini alimentari, lo stile di vita, le tipologie di cosmetici utilizzate e la zona di residenza (per rilevarne i livelli di inquinamento).
I Risultati
La follicolo-genesi, ovvero lo sviluppo del follicolo dallo stato primordiale alla maturità, caratterizzato dalla presenza di un ovocita sano e fecondabile, si svolge nell’ovaio ed è regolata da fini meccanismi ormonali che questi interferenti endocrini possono inficiare.
Lo studio ha dimostrato la presenza di entrambe queste sostanze sia nel sangue che nel fluido follicolare delle pazienti coinvolte. Dunque, è probabile che la presenza nell’organismo di questi elementi abbia reso per loro impossibile portare avanti la gravidanza naturalmente ed anche ridotto le possibilità di successo della fecondazione in vitro. Sicuramente è necessario portare avanti l’indagine attraverso ulteriori studi, per valutare l’effettivo impatto di BISFENOLO e FTALATI sulla fertilità femminile. Tuttavia, nel frattempo, è bene riflettere su quanto l’inquinamento ambientale sia femminile che maschile.
Per saperne di più leggi l’intero studio QUI.