Ottobre Rosa, parliamo di Oncofertilità
Oncofertilità: una possibilità in più per le donne colpite da patologie oncologiche.
L’Oncofertilità permette alle donne colpite da tumore di preservare la fertilità e di portare avanti, dopo la guarigione dalla malattia il loro desiderio di maternità.
Ottobre: nel mese della prevenzione del tumore al seno è importante parlare anche di Oncofertilità
Ottobre è il mese della prevenzione contro il tumore alla mammella, il più diffuso tra la popolazione femminile, che ogni anno colpisce moltissime donne. Secondo le statistiche il cancro alla mammella rappresenta il 30,3% delle patologie tumorali che colpiscono le donne.
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Lo scopo dell’Ottobre Rosa è proprio sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione
La prevenzione, sotto forma di screening senologici e visite periodiche è fondamentale per prevenire la malattia e, in caso, sconfiggerla. L’imperversare del Covid-19 ha fatto passare la necessità dei controlli in secondo piano per questo nell’ultimo anno sono stati diagnosticati 55.000 nuovi casi.
L’Oncofertilità, una speranza in più verso la guarigione
La medicina e la ricerca non smettono mai di andare avanti e oggi le percentuali di guarigioni da questa malattia sono altissime, arrivando a superare l’80% dei casi. Inoltre, considerando che la ricerca del primo figlio si è spostata in avanti, è frequente che all’insorgenza del tumore per molte donne non si sia ancora concretizzato il desiderio di gravidanza; anzi, alle volte accade che la diagnosi di questa malattia arrivi proprio durante gli esami eseguiti in previsione della gravidanza stessa.
L’Oncofertilità: una nuova possibilità per le donne colpite da patologie oncologiche
Fortunatamente, a tal proposito, mentre in passato, la maggior parte delle donne, seppur giovani, colpite da patologie tumorali, doveva rinunciare alla possibilità di avere un figlio, da alcuni anni si è sviluppato il concetto di preservazione della fertilità nelle pazienti oncologiche: Oncofertilità; termine che comprende tutte le terapie che si possono mettere in atto per permettere a queste donne di diventare madri una volta superata la malattia.
Perché la fertilità viene compromessa
Le terapie chemioterapiche, indispensabili per le cure, creano un danno spesso irreversibile al livello delle gonadi (ovaie), rendendo, impossibile una volta terminata la terapia, la ripresa della normale funzionalità ovarica.
Il danno, chiaramente, è legato al tipo di farmaci usato ma molto frequente.
Le metodologie dell’Oncofertilità
- La prima metodologia è quella di utilizzare dei farmaci che mimano una menopausa, perché, mettendo a riposo le ovaie, limitano il danno
- La seconda, decisamente la più efficace, è la crioconservazione ovocitaria, ovvero la preservazione della fertilità.
Infine, la conservazione di tessuto ovarico. Tecnica ancora sperimentale che prevede un intervento in laparoscopia con prelievo di una piccola porzione di tessuto ovarico che viene crioconservato a meno 197 gradi ed eventualmente reimpiantato alla fine delle terapie chemioterapiche.
La crioconservazione ovocitaria
Sicuramente, la crioconservazione ovocitaria è quello che può garantire con maggior probabilità l’ottenimento di una gravidanza un futuro.
Nello specifico, la crioconservazione ovocitaria si esegue facendo una stimolazione ovarica, seguita da un prelievo ovocitario con immediato congelamento degli ovociti ottenuti. Per questo viene eseguito in un centro di PMA da medici che si occupano normalmente di terapie della sterilità. Tuttavia, rispetto ai normali trattamenti di social freezing, i trattamenti di oncofertilità vengono gestiti in maniera particolare.
Come viene gestito un centro di Oncofertilità
Dato che i tempi di esecuzione dei trattamenti sono brevissimi, i team operativi sono molto compatti.
Il primo che visita la paziente è l’oncologo, o l’oncoematologo, che esegue la diagnosi, valutata le singole circostanze e la possibilità di effettuare un trattamento di Oncofertilità. Subito dopo è tenuto ad informare la paziente, mettendola al corrente dei possibili rischi per la fertilità e della possibilità di preservarla.
Il percorso di crioconservazione
Se la paziente decide di procedere con il trattamento di Oncofertilità, l’invio della stessa al ginecologo, presso il centro di PMA di riferimento deve essere rapidissimo. I tempi con cui vengono accolte nei centri di PMA sono strettissimi, si aggirano tra le 24-48 ore.
Il ginecologo effettua una valutazione complessiva della paziente, focalizzandosi sullo stato della sua riserva ovarica per capire le possibilità di successo della stimolazione. Se la valutazione è positiva, la stimolazione viene iniziata in un qualsiasi momento del ciclo – random-start con protocolli specifici – spesso vengono associati a farmaci che limitano il livello degli estrogeni – e dura in media 10 giorni. Una volta eseguito il prelievo ovocitario, per via vaginale, la paziente viene rinviata all’oncologo per iniziare le terapie chemioterapiche.
I lati positivi dell’oncofertilità
Tutto questo è possibile perché da una parte le evidenze scientifiche mostrano che queste terapie non sembrano modificare l’andamento del tumore; dall’altra, generano a livello psicologico un effetto molto positivo, perché, in un momento difficile proiettano le donne verso il futuro di vita e speranza.
Credo che oggi l’oncologo abbia il dovere morale di illustrare questa possibilità alle donne lasciando a loro la scelta.
Le probabilità di successo
Con pazienti dotate di una buona riserva ovarica si ottengono un adeguato numero di ovociti che rappresentano, un domani, un’ottima premessa per ottenere la gravidanza attraverso una tecnica di fecondazione in vitro di II livello. Gli ovociti crioconservati verranno uniti in laboratorio agli spermatozoi del partner maschile, gli embrioni così ottenuti verranno poi successivamente trasferiti in utero.